Seconde/Seconde: l'ironico outsider dell'orologeria
30 Novembre 2023Sulla home page del suo sito leggiamo: “I vandalize other people’s products because I failed at building mine”
Sarà un disclaim, un motto o una pura provocazione? Lo chiediamo direttamente a Romaric André, la mente creativa che si cela dietro l’indipendente Seconde/Seconde/ con cui oggi abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere. Classe ’80, origini francesi e una iniziale carriera in campo economico-finanziario come revisore di bilancio. Romaric muove i primi passi verso il mondo dell’orologeria ben quindici anni fa, co-fondando, assieme ad un amico d’infanzia e Eduard Meylan (CEO di H. Moser & Cie) Celsius X VI I, azienda specializzata nella produzione di cellulari di lusso con componenti micromeccaniche (come il movimento di un orologio tourbillon integrato). Un’azienda che ha avuto anche l’onore di avere Richard Mille come membro del Consiglio di Amministrazione per diversi anni.
Questa avventura volge al termine e proietta il giovane Romaric verso l’inizio di un nuovo progetto, in parte distante dal suo iniziale background. Il progetto prende il nome di Seconde/Seconde e nelle vesti di “paleo artista/designer” Romaric riconquista il mondo dell’orologeria. Stavolta con un approccio molto materico, istintuale ed irriverente.
La sua “ironica” sperimentazione approda inizialmente nel mondo vintage con un’operazione atipica: la sostituzione della sfera dei secondi con elementi personalizzati. È il caso di un cursore mouse pixellato applicato in un Patek Philippe ref. 2509, il millennium falcon (da Star Wars) in uno Zenith “Excelsior Park”, la spada di Link (da The Legend of Zelda) in un Rolex Oyster Royal o una clessidra su un Omega ref. 2390.
La crescita del gusto e la ricerca di nuove ispirazioni portano Seconde/Seconde nel mondo delle collaborazioni d’autore. La sua capacità di capovolgere i paradigmi e lasciare il proprio segno nel solido DNA di un brand è ammirevole. Tra le collaborazioni iconiche in cui avviene ciò, è impossibile non citare quella con H. Moser & Cie sul modello Endeavour Centre Secondsnel quale la lancetta delle ore è stata sostituita da una gomma che enfatizza il concetto dell’eliminazione degli indici e del logo (tratto tipico e ricorrente nei quadranti di Moser). Un esempio altrettanto emblematico è con Le Régulateur e La Petite Seconde di Louis Erard dove si assiste ad una quasi totale rottura degli schemi che coinvolge non più solo le sfere ma l’intero quadrante (come nel beffardo passaggio da Louis Erard a Louis Error/Horror). Mentre con Timex e la serie #IYKYK (if you know you know) divisa in sei episodi, la sperimentazione è completa (dallo studio della singola lancetta dei secondi sino alla progettazione del packaging) e lavora in questo caso sulla conoscenza collettiva percorrendo alcuni dei più famosi soprannomi della storia dell’orologeria.
L’esplorazione moderna è un’ulteriore prova delle capacità di Romaric di andare ben oltre il concetto di personalizzazione e collaborazione. E con questo suo approccio “satirico” ci ricorda che è possibile osservare con occhi diversi il mondo dell’orologeria, forse con più consapevolezza o con più leggerezza.
Chi è Romaric André e che cosa ti ha guidato verso la creazione di Seconde/Seconde?
Sono un ragazzo francese che ha sostanzialmente “perso” durante la prima parte della carriera. Ho provato e sono riuscito a co-fondare un’azienda, abbiamo raccolto fondi, abbiamo lavorato per qualche anno ma ho dovuto abbandonare il progetto perché non siamo mai riusciti a raggiungere la giusta solidità e redditività. Dopo questa esperienza è seguito un momento in cui mi sono sentito totalmente smarrito ed ho perso la fiducia in me stesso e nelle mie capacità professionali. Successivamente ho cercato di rimettermi in gioco, questa volta con un progetto semplice che non richiedesse alcun investitore, team e ufficio. Non necessitavo più di molto, se non della mia creatività che non avevo coinvolto ed espresso abbastanza all’inizio della mia vita professionale. Così ho iniziato a comprare alcuni piccoli orologi vintage, ne ho trasformato “l’aspetto” e il resto è storia.
“L’universo” Seconde/Seconde. Raccontaci gli aspetti che caratterizzano la tua cifra stilistica e quali sono le realtà o riferimenti da cui trai ispirazione
La mia “firma” non è stata calcolata a priori. Purtroppo non avevo molta scelta. Non ero bravo (e tutt’ora non lo sono) con tutti i nuovi strumenti e software di disegno e progettazione, per cui non potevo competere con le tendenze dell’epoca (3D, animazioni e video di tendenza, iper-realismo). Quindi ho optato per la carta, il cartone, i giochi di parole, gli strumenti di base della cancelleria e gli accessori della vita quotidiana. E ho “giocato” con quelli. Chiamatelo stile minimal, paleo o normcore… ma era il modo più economico e veloce per farlo. In questo maniera sono riuscito a differenziarmi nel mondo degli orologi e ho trovato il mio “universo”. I vincoli e le limitazioni sono stati il mio vero vantaggio. Per quanto riguarda i riferimenti, non pretendo di avere una conoscenza approfondita. “Gioco” principalmente con la cultura mainstream (di massa) che a volte tendo ad elevare con alcune nozioni classiciste per fingere di essere intelligente ed istruito.
In qualità di “outsider ironico”, come viene recepito il tuo manifesto dal mondo dell’orologeria? È accolto o messo in discussione?
In realtà non lo so. So per certo di avere dei fan nel mondo dell’orologeria. E immagino di avere anche persone che non sentono affine o apprezzano il mio lavoro, il che va benissimo. Sono in qualche modo “polarizzato” e non posso biasimare i miei haters, se ne ho qualcuno. Io stesso sono il mio primo fan e il mio primo hater, quindi sono totalmente empatico con tutto lo spettro.
In che modo nascono le tue collaborazioni e quali elementi ritieni fondanti per l’inizio di una di esse? Hai mai declinato una collaborazione con un brand o viceversa?
Non avevo previsto l’arrivo delle collaborazioni. Lavoravo alla personalizzazione di orologi vintage e li vendevo direttamente ai clienti. Quando si sono avvicinati i primi marchi, credo l’abbiano fatto perché ho mostrato loro una sorta di singolarità, unicità… Dopodichè, si tratta sempre di concept. Concept, concept, e concept. È affine al mio pensiero ed è rilevante farlo in questo momento? Il resto (come la sintonia con le persone, l’aspetto economico, la fama ed attrattiva del marchio e così via) è sempre secondario per me. Se rifiuto, è perché non trovo un legame e un concept sufficientemente forte.
Sul fronte tecnico, quali sfide hai incontrato e tutt’ora incontri nel tuo lavoro?
Le mie idee, a livello tecnico-manifatturiero sono abbastanza semplici da realizzare. Modificare il peso e l’aspetto di una sfera è un passaggio delicato e richiede cura ma non è un impresa “fantascientifica”… Per me la più grande sfida non è sul fronte tecnico ma nella comunicazione. Lavorare ogni mese con un nuovo team, marchi diversi, diversi approcci e filosofie dei marchi, diverse sensibilità e attenzioni per forme, colori, immagini e parole… Non me lo aspettavo ma questa è la vera parte difficile.
È ammirevole la tua capacità di spaziare da brand come Timex sino a H. Moser & Cie. Qual è il tuo punto di vista in merito agli attuali temi dell’accessibilità e fruibilità in orologeria?
Il mio punto di vista è estremamente semplice. Non abbiamo più bisogno di orologi. Ormai gli orologi non sono più una reale necessità. Quindi mi interessano tutte le realtà o i marchi che lavorano sul fronte stilistico indipendentemente dai limiti e dalla loro fascia di prezzo. Semplice. Mi piacciono gli orologi molto seri. Amo anche gli orologi divertenti. Amo gli orologi robusti e accessibili. Amo anche gli orologi inaccessibili e follemente delicati. Poi va da sé, le persone scelgono liberamente se acquistare o meno. Certo, ammetto di avere un un debole per la bellezza e la creatività quando la incontro. Ma posso anche apprezzare un “orologio non così creativo” che si impone sul mercato magari grazie a mosse commerciali intelligenti o a un’industrializzazione “dietro le quinte” di alto livello, per esempio. La creatività non è l’unica lente attraverso cui guardo il panorama degli orologi.
Nello scenario delle tue personalizzazioni vintage e collaborazioni c’è un orologio a cui sei particolarmente legato?
La successiva. Classica risposta, lo so e me ne scuso. Ma credo proprio sia un problema legato al mio mindset. Una sorta di insicurezza mi spinge a voler continuamente dimostrare il mio valore e capacità. Dimostrare che posso farne un’altra. Ancora e ancora.
Apriamo una sliding door con Romaric e non Seconde/Seconde. Cosa rappresentano per te gli orologi e attraverso quali “lenti” osservi l’orologeria? Ti percepisci più come un appassionato o come collezionista?
Non sono un collezionista. Ho una pessima memoria, quindi non sono affatto bravo nel parlare di referenze e tecnicismi vari. Ma sono sicuramente un appassionato. Sono ossessionato dagli orologi e mi viene regolarmente la pelle d’oca a guardarli. Anche dopo tutti questi anni. È strano, ma “risuono” ancora per questi oggetti. Hanno il grande potere di calmarmi e rassicurarmi. Sono come un piccolo mondo, un mondo altamente compatto e condensato che comprendo nella sua totalità. Mi trasmettono molte emozioni, ma sono al contempo estremamente razionali. E la razionalità è un qualcosa che mi piace incontrare quando sono sopraffatto dall’irrazionalità del mondo reale.
In che misura ti consideri un artista? E in questo senso secondo te è già possibile parlare di collezionismo di orologi/opere Seconde/Seconde?
Continuo a ripetere “non sono un artista”. La parola “artista” è stata fin troppo abusata e credo servano molte “medaglie” prima di presentarsi come tale. Ma in fin dei conti, negare continuamente “di essere un artista” suona anche un po’ come una postura, un rigido schema ideologico… Quindi, non so. Lascio che le persone mi chiamino come vogliono. Tuttavia, mi sento molto orgoglioso quando incontro e parlo con persone che effettivamente collezionano le mie opere! Io stesso non sono un collezionista (come vi ho raccontato prima), quindi mi suona sempre strano. Ma è estremamente piacevole sentire persone che collezionano le tue opere e che spiegano l’impatto che esse hanno su di loro. È uno dei più grandi (ed egoistici) piaceri del mio lavoro, devo ammetterlo.
Se potessi scegliere una realtà d’arte contemporanea o di alta orologeria con cui collaborare, chi sceglieresti?
Per me l’importante è fare lavori molto dissimili, in campi diversi. Metaforicamente sono un pittore che non è in grado di scegliere un solo colore ma che è capace di dare un tocco di colore diverso in una grande opera (Diciamo che questo pittore non è monocromatico).
Lo “Sturm und Drang” (sconvolgimento e impeto) di Seconde/Seconde oggi e tra 5 anni. Nuove idee, collaborazioni o progetti all’orizzonte?
Sono estremamente desideroso di sperimentare: lavorare in nuovi campi, su nuove scale, su nuovi prodotti, e su nuovi progetti. Espandermi al di fuori dell’orologeria sarà il mio modo di reinventarmi. Se non ci riuscirò entro qualche anno, sono quasi certo che a Seconde/Seconde mancherà l’ossigeno.
Il primo brand targato Seconde/Seconde. È realmente una possibilità o solo un’ utopia?
È sicuramente un’utopia. Ma un’utopia a cui sto lavorando ogni giorno per portarla dalle nuvole alla terra! Il tempo ci dirà.
By Luca Barone