Rolex Daytona: 60 anni di mito
20 Febbraio 2023Non è un caso se Rolex è rimasta ininterrottamente al primo posto della classifica che valuta la reputazione dei brand a livello globale dal 2016-2019, per poi riconquistare il primato nel 2022. Il successo dell’azienda e il suo percepito altissimo, non solamente tra gli appassionati, non sono frutto solo della qualità dei prodotti ma di una storia che in poco meno di un secolo è diventata mito. Così come mitici sono gli orologi, a partire dal Daytona, che nel 2023 compie 60 anni e che oggi vogliamo raccontare nella sua evoluzione. Non prima di aver ripercorso sommariamente le principali tappe della storia di Rolex e ricordato i suoi orologi.
LA STORIA DI ROLEX IN BREVE
Fondata a Ginevra nel 1920 da Hans Wildorf, la società Montres Rolex S.A. ha in realtà origini più lontane. Wilsdorf, nato in Baviera nel 1881, si trasferì nei primi anni del ‘900 in Svizzera, a La Chaux-de-Fonds, avvicinandosi al mondo dell’orologeria. In un’epoca in cui si usavano solo gli orologi da tasca, egli osservò l’interesse crescente per quelli da polso e intuì il potenziale successo di una loro diffusione, anche se erano considerati prima di tutto gioielli femminili, data anche la loro scarsa precisione.
L’orizzonte di La Chaux-de-Fonds divenne in breve troppo stretto per le idee di Wilsdorf, il quale si trasferì a Londra dove nel 1905 fondò, insieme a un socio, la Wilsdorf & Davis, azienda specializzata nella commercializzazione in Gran Bretagna e nell’Impero britannico di orologi da polso. I componenti erano prodotti da partner svizzeri, selezionati per le loro competenze; tra essi vi era la Maison Aegler a Bienne, l’unica all’epoca, secondo Wilsdorf, capace di fabbricare movimenti piccoli ma precisi. Maison Aegler diventerà la Manufacture des Montres Rolex S.A.
È del 1908 l’invenzione del nome Rolex e la cosa singolare è che, in fin dei conti, la parola non ha un vero significato. Wilsdorf voleva un nome breve, di massimo cinque lettere, facilmente pronunciabile in tutte le lingue e che suonasse bene, facile da ricordare e che potesse essere inserito armoniosamente sul quadrante e sul movimento.
Il nome e il marchio cominciarono a farsi conoscere nel 1910, quando il Bureau Officiel de Contrôle de la Marche des Montres di Bienne, in Svizzera, rilasciò a un orologio da polso del brand il primo certificato di cronometria mai ottenuto al mondo da un segnatempo di questo tipo. Nel 1914, un altro Rolex ricevette il primo certificato di classe “A” attribuito a un orologio da polso, rilasciato dall’Osservatorio di Kew in Gran Bretagna, a quei tempi la massima autorità mondiale in materia di misura della precisione dei segnatempo.
Dopo quella della precisione, la seconda sfida vinta fu quella dell’impermeabilità con l’introduzione, nel 1926, dell’Oyster, il primo orologio da polso impermeabile al mondo. Grazie a un sistema brevettato di lunetta, fondello e corona di carica a vite, la cassa era ermeticamente sigillata e offriva al movimento una protezione ottimale dall’acqua.
La necessità funzionale di garantire questa impermeabilità introdusse due elementi che sarebbero diventati la firma estetica degli orologi Rolex: la zigrinatura della lunetta e la scanalatura del fondello, che servivano ad avvitare gli elementi sulla carrure grazie a uno strumento specifico inventato dall’azienda.
Fu invece nel 1931 il brevetto del rotore Perpetual, che anticipava i moderni sistemi di carica automatica. La sua massa a forma di mezzaluna oscillava in entrambi i sensi al muoversi del polso, sviluppando energia cinetica trasmessa attraverso i ruotismi del modulo di carica alla molla del bariletto, che si caricava automaticamente. In questo modo non serviva più caricare l’orologio manualmente, svitando la corona e compromettendo così l’impermeabilità del segnatempo.
Sempre nel 1931 fu depositato un altro brevetto, che avrebbe identificato Rolex rendendolo il marchio orologiero più ambito: la corona, logo e simbolo del brand. Fece la sua comparsa per la prima volta sul quadrante nel corso degli anni ʽ30, poi sulla corona di carica nei primi anni ʽ50, quando cominciò anche a sostituire l’indice a ore 12. Da allora è sinonimo non solo di eccellenza, ma anche di sogno.
Senza addentrarci nell’evoluzione dell’azienda durante il ‘900, pensiamo che per chiudere sia più interessante ricordare i segnatempo più celebri (senza gli aggiornamenti e le seconde generazioni), con il loro anno di lancio. È un po’ come entrare negli Uffizi o nel Louvre dell’orologeria: troviamo solo capolavori. Datejust (1945), Day-Date (1956), i sei orologi professionali – Explorer e Submariner (1953), Gmt-Master (1955), Milgauss (1956), Cosmograph Daytona (1963), Sea-Dweller (1967) -, Cellini (1968), Yacht-Master (1992), Sky-Dweller (2012).
ROLEX DAYTONA: ALLE ORIGINI DEL NOME
In mezzo a tutti loro, dunque, c’è il Daytona. Un cronografo che in 60 anni è diventato una vera icona. Una parola spesso utilizzata a sproposito, in orologeria e in altri campi, ma che nel caso del capolavoro di Rolex non fa una piega. E pensare che, all’inizio, la parola Daytona nemmeno era collegata a questo cronografo.
Per chi non lo sapesse o non lo ricordasse, la spiaggia di Daytona, in Florida, fu il luogo scelto tra gli anni ’10 e gli anni ’50 del ‘900 per battere i record di velocità su veicoli a motore. La particolare compattezza della sabbia di Daytona Beach e il suo sviluppo rettilineo la rendevano una pista naturale ideale per queste sfide. Uno dei piloti più celebri e recordman negli anni ’30, il britannico Malcolm Campbell, per inciso indossava un Rolex durante le corse.
Nel 1959 fu completato l’anello d’asfalto del Daytona International Speedway, costruito per volontà di William France Sr. che indossava anch’egli un Rolex, lo Zephyr Oyster Perpetual, e comparve in una pubblicità del marchio dell’inizio degli anni ‘60 citando il brand come orologio ufficiale del circuito. Del resto, fin dalle prime edizioni della Daytona Continental, al vincitore della gara fu assegnato, oltre al trofeo, un Rolex Cosmograph. Fu così naturale che a solo un anno dalla nascita del Cosmograph ref. 6239, nel 1964, sul quadrante cominciò a comparire la scritta Daytona: posizionata sotto la scritta Rolex Cosmograph, aveva una dimensione e un carattere grafico inizialmente ridotti. Ma facciamo un passo indietro.
LE PRIME REFERENZE PRINCIPALI
La prima referenza del Cosmograph nel 1963 fu la 6239, mossa dal calibro manuale 72B su base Valjoux 72: 18.000 alternanze/ora, bilanciere Microstella a regolazione inerziale con spirale Breguet. In quell’orologio, per la prima volta la scala tachimetrica a 300 scomparve dal quadrante e fu stampata sulla lunetta esterna. Si stima che nei quasi nove anni di produzione siano stati realizzati circa 14.000 cronografi ref. 6239, il 3% dei quali in oro e gli altri in acciaio.
Il look sportivo era completato dai quadranti panda o inverted panda, con i contatori a contrasto immediatamente leggibili, pensati per il cronometraggio dei tempi in pista. Non dimentichiamo che il Daytona nacque come orologio professionale e ai professionisti era rivolto. Anche lo spostamento della scala tachimetrica sulla lunetta rispondeva a questa esigenza.
Un’esigenza che ebbe anche Paul Newman, il quale oltre a essere un grandissimo attore fu anche pilota di buon livello; era solito indossare una particolare versione di Daytona ref. 6239, divenuta famosa con il suo nome, caratterizzata da uno speciale quadrante: la scala dei secondi era stampata attorno al quadrante, su una banda dello stesso colore utilizzato per i contatori, in contrasto rispetto al resto del quadrante e, in alcuni casi, con una graduazione in rosso. I contatori, invece, si differenziavano per i loro indici quadrati che ne facilitavano la lettura. Variazioni funzionali prima che estetiche, che miglioravano a leggibilità del cronografo in gara.
L’orologio fu regalato all’attore dalla moglie Joanne Woodward nel 1968, mentre stava girando “Winning”, una storia su un pilota di auto da corsa vincitore della 500 Miglia di Indianapolis. Woodward probabilmente lo acquistò da Tiffany, come suggerisce il numero di inventario D61798 inciso sul retro di una delle anse. Più significativa è l’incisione sul fondello: “Drive Carefully Me”, ossia “Guida con prudenza.”, il messaggio della moglie a Newman. Parleremo più avanti dell’importanza di questo pezzo nelle aste.
A proposito di variazioni funzionali, nel 1965 fu presentata la ref. 6240 nella quale i pulsanti a pompa furono sostituiti da quelli a vite. I collezionisti li battezzarono “millerighe”, ma al di là dell’estetica la loro funzione principale fu quella di garantire all’orologio una maggiore impermeabilità. In quest’anno furono prodotti i primi quadranti Paul Newman, bianco due colori per la ref. 6240 e nero tre colori con la prima scritta Daytona in rosso sopra il contatore a ore sei. Un’ulteriore novità fu rappresentata dalla lunetta tachimetrica con disco nero in plexiglas e scala graduata in bianco, sempre allo scopo di migliorare la leggibilità.
Negli anni successivi uscirono le ref. 6241, 6263, 6265, 6262, 6264 con varie migliorie successive: dall’impermeabilità portata a 50 metri, alla certificazione COSC, alla corona 701 (riconoscibile dalle tre sfere in rilievo sotto al logo Rolex) o alla 703 Triplock, fino ai quadranti con la scritta Daytona in rosso, stampata sopra il contatore al sei, che equipaggeranno i carica manuale in acciaio sino al termine della loro produzione. Nel 1987 il Daytona raggiunse i 10 milioni di pezzi prodotti e Rolex decise di aggiungere una lettera all’inizio della numerazione. Naturalmente la prima fu R, seguita da L, E e X, mentre si scartò la O perché troppo simile al numero 0.
ROLEX DAYTONA: LE REFERENZE MODERNE
Fu l’anticamera della rivoluzione, perché il 1988 fu l’anno di svolta per il Daytona: con la ref. 16520, presentata a Baselworld, il movimento a carica manuale lasciò il posto all’automatico. La scelta cadde su una base El Primero della Zenith, modificato da Rolex, che lo rinominò Calibro 4030.
Non si trattò solo di aggiornare un calibro perché gli elementi modificati furono circa 200, più o meno il 50% del totale, e gli interventi molteplici: dall’aumento delle dimensioni della ruota del bilanciere, all’utilizzo di una spirale Breguet fino all’impiego di una massa oscillante affine al rotore Perpetual di Rolex. La differenza più importante e conosciuta fu però l’abbassamento della frequenza di oscillazione del bilanciere, a 28.800 alternanze/ora dalle 36.000 del calibro El Primero.
Una scelta fatta per garantire una maggior durata nel tempo ai componenti del movimento, la cui usura era messa a dura prova dall’alta frequenza, che poteva però portare a una minore precisione di marcia. Un rischio scongiurato dalle modifiche sul bilanciere ricordate prima, che consentirono al calibro 4030 di mantenere una precisione di marcia simile a quella dell’El Primero con però una robustezza maggiore e una più lunga durata nel tempo.
La ref. 16520 era caratterizzata dal vetro zaffiro, con una cassa di dimensioni generose, passate da 36 a 40 mm, e divenne subito un fenomeno commerciale. I primi modelli avevano la lunetta incisa a 200, il quadrante con fondo bianco o nero e la grafica principale su cinque righe, l’ultima delle quali leggermente distanziata dalle altre. Alcuni dei primi Daytona automatici avevano un seriale assimilabile alla produzione del 1987; infatti, per far arrivare l’orologio dai concessionari subito dopo il salone, le casse furono realizzate l’anno precedente alla presentazione della ref. 16520.
Tra il 1989 e il 1990 il Rolex Cosmograph Daytona cambiò la grafica della lunetta, portando dapprima l’inizio della scala tachimetrica a 400 unità per ora e poi l’intermedio a 240, arrivando così alla configurazione definitiva che conosciamo ancora oggi.
Per tutti gli anni ’90 la ref. 16520 costituì il cavallo di battaglia della collezione Daytona, con diverse varianti e affiancata dalle più preziose ref. 16518 e 16519. Le migliorie introdotte un po’ alla volta nel tempo portarono la ref. 16520 a diventare sempre più il simbolo della capacità industriale e di marketing di Rolex, oltre che uno degli orologi più ambiti e ricercati. Fino a quando, nel 2000, uscì di produzione, sostituita dalla 116520. Un’altra rivoluzione, 12 anni dopo la 16520.
IL NUOVO MOVIMENTO: CALIBRO 4130
Se dal punto di vista estetico la nuova referenza si inseriva nel solco tracciato dalla precedente, le vere novità erano all’interno della cassa. Il modello era dotato di un movimento cronografo automatico di nuova generazione, interamente progettato e realizzato da Rolex, il calibro 4130. Robusto, affidabile e preciso, le sue prestazioni derivavano in particolare dall’adozione dell’innesto verticale per avviare la funzione cronografo, al posto del classico innesto laterale; i vantaggi erano un avvio e un arresto precisi della lancetta dei secondi cronografici mediante la pressione del pulsante e il fatto che il cronografo poteva rimanere attivato a lungo senza conseguenze sulla precisione dell’orologio.
Il cervello del calibro 4130, l’organo regolatore, poteva contare sulla spirale Parachrom anch’essa di manifattura. Insensibile ai campi magnetici, stabile rispetto agli sbalzi di temperatura e in grado di subire le migliaia di piccoli urti ai quali un orologio è sottoposto quotidianamente, rimaneva sempre fino a dieci volte più precisa di una spirale tradizionale.
Gli appassionati più competenti si accorsero della presenza del nuovo calibro nel Daytona da alcuni dettagli del quadrante della ref. 116520: il posizionamento orizzontale dei due contatori cronografici, con i piccoli secondi che di solito si trovavano a ore 9 ora posizionati a ore 6, e il fatto che i contatori orizzontali dei minuti e delle ore si trovavano leggermente più in alto rispetto al centro del quadrante.
ROLEX E L’INNOVAZIONE NEI MATERIALI
Negli anni successivi la storia del Daytona si arricchì di referenze molto preziose. Tra le altre, la 116519 (oro bianco con quadrante in meteorite naturale), la 166518 (oro giallo con quadrante in madreperla naturale nera), la 116598 SACO (quadrante e bracciale leopardati e pietre preziose incastonate su cassa, lunetta e quadrante), la 116509 (cassa e bracciale in oro bianco) e la 116505 (cassa e bracciale in oro Everose e quadrante in oro massiccio).
Senza dimenticare la ref. 116506, la prima in platino presentata a Baselworld nel 2013 in occasione dei 50 anni del Daytona: lunetta in Cerachrom marrone, quadrante azzurro ghiaccio e contatori del cronografo e dei secondi continui con cornice graduata marrone lo rendono ancora oggi irresistibile. Un’indagine svolta da Watchfinder nel 2021, intervistando oltre 20mila collezionisti e appassionati di più di 140 Paesi, lo incoronò il “dream watch” per eccellenza.
Gli ultimi anni sono anche quelli di alcune importanti innovazioni a livello di materiali e di processi produttivi. Dal 2000 cambiò completamente il ciclo produttivo della chiusura e del bracciale, passando alla lavorazione dal pieno e dando definitiva eternità ai bracciali di Rolex, ben oltre le durate preventivate. Nel 2008, il Marchio presentò un’innovazione nella luminescenza in orologeria, introducendo nel Deepsea la visualizzazione Chromalight, di un bel colore blu acceso. La sostanza, a base di ossidi, è il risultato di un processo di fabbricazione sensibile e complesso e garantisce una durata di luminescenza doppia rispetto a quella emanata da un materiale standard, che può superare le otto ore su lancette, indici e altri elementi di visualizzazione.
Inoltre, a partire dal 2018 la lega di acciaio 904L specifica di Rolex prese il nome di “acciaio Oystersteel”. Generalmente impiegati nell’alta tecnologia, nell’industria spaziale e in quella chimica, gli acciai 904L hanno eccellenti proprietà anticorrosione e sono particolarmente lucenti una volta lucidati. Nel 1985, Rolex fu il primo marchio a utilizzare quest’acciaio della famiglia 904L per le casse dei suoi orologi.
È del 2015, infine, l’introduzione sull’Oyster Perpetual Yacht-Master, del nuovo bracciale Oysterflex, sviluppato e brevettato dal marchio. È caratterizzato al suo interno da una lama metallica estremamente elastica, che è poi rivestita da un elastomero nero ad alte prestazioni. Il risultato unisce la robustezza e l’affidabilità di un bracciale metallico all’estetica e alla flessibilità di un cinturino in elastomero. Il comfort del bracciale Oysterflex di Rolex è assicurato anche dalla presenza, sulla superficie interna, di “cuscini” laterali che stabilizzano l’orologio sul polso.
L’ULTIMA VERSIONE DEL 2016: LA LUNETTA IN CERAMICA
Nel 2016 il Daytona in acciaio sostituì definitivamente la lunetta incisa in metallo con la lunetta Cerachrom monoblocco in ceramica nera. Un riferimento al modello del 1965, anch’esso con la lunetta nera, ma con il disco in plexiglas. Cerachrom è un componente brevettato da Rolex che rende la lunetta inscalfibile, resistente alla corrosione e con il colore che rimane inalterato anche dopo l’esposizione ai raggi ultravioletti.
La lunetta assicurava un’alta leggibilità, con la scala graduata stampata nella massa della ceramica prima di passare alla fase di cottura e al trattamento con un sottilissimo strato di platino mediante un procedimento PVD (Physical Vapor Deposition). Anche il design della scala graduata subì una evoluzione, con i numeri a seguire la circonferenza della lunetta e gli indici a forma di triangolo.
IL DAYTONA NELLE ASTE
Va da sé che, a fronte di una storia così lunga e ricca e di un successo cresciuto verticalmente specialmente negli ultimi 25 anni, il Daytona è diventato di gran lunga uno degli orologi più ricercati e quotati nelle maggiori aste internazionali. Specialmente le referenze vintage fanno registrare valutazioni da capogiro, fino a raggiungere cifre mai viste quando si tratta di referenze particolari per storia o condizioni di conservazione.
L’esempio più celebre è quello del Daytona Paul Newman appartenuto all’attore, battuto da Bacs & Russo in collaborazione con Phillips per 17,8 milioni di dollari nell’ottobre del 2017. Un caso limite, per quello che è stato definito unanimemente il Sacro Graal dell’orologeria. La dedica sul fondello “Drive Carefully Me” – dove Me è Joanne Woodward, moglie di Nemwan, che gli regalò il cronografo – lo ha reso ancora più unico, amplificandone il mito.
Nel 2020 è toccato a un’altra ref. 6263, questa volta degli anni ’80, appartenuta a Paul Newman e regalatagli ancora dalla moglie, raggiungere una quotazione da capogiro ancora da Phillips: quasi 4,5 milioni di euro circa.
A maggio del 2022 il Daytona è stato tra i protagonisti delle aste ginevrine di Phillips e Christie’s. Sotto il martello della prima è finita una rara ref. 6239 soprannominata “Crazy Doc” per via del quadrante con la scala pulsometrica. Realizzata nel 1968, questa referenza fu scelta come orologio personale da Eric Clapton e l’orologio battuto da Phillips lo scorso anno ha sfiorato quota 1 milione e 700mila euro.
Da Sotheby’s hanno invece trovato spazio due referenze che si pongono agli antipodi tra loro. La prima era una 6269 con cassa in oro e quadrante e lunetta tempestati di diamanti. Per essere precisi, sul quadrante c’erano 240 diamanti tondi e 9 zaffiri al posto degli indici: quotazione finale, quasi 1 milione e 600mila euro. La seconda era una 6264 Paul Newman cosiddetta “Lemon Dial” per via del bellissimo quadrante in oro giallo, che nel caso del Daytona in asta presentava un viraggio marrone vicino ai contatori e alla minuteria; un particolare che ha fatto crescere il valore finale a oltre 1 milione e 200mila euro.
Infine, giusto per arrivare vicini ai giorni nostri, lo scorso novembre una ref. 6263 in oro giallo del 1969 circa, un altra “Lemon Dial”, è stata aggiudicata da Sotheby’s per 3 milioni e 400mila franchi. Sempre da Sotheby’s, a dicembre 2022, un Daytona 6262 che Newman aveva donato al suo amico Stan Barrett, stuntman di Hollywood, è stato venduto per 378mila dollari.
Ci siamo limitati ai casi più eclatanti degli ultimi anni, ma a voler scavare nei cataloghi delle case d’aste siamo certi che troveremmo numerosi altri esempi di Daytona andati all’asta anche per cifre meno vistose ma di grande interesse collezionistico. Perché quando parliamo di questo cronografo non ci riferiamo a un pezzo qualsiasi, ma a quello che per molti è IL cronografo, senza se e senza ma. Perché è diventato questo, pensiamo di averlo fatto capire raccontando le sue origini, la sua storia, la sua evoluzione. Sessant’anni che lo hanno portato nel mito.
Un mito che ci faremo raccontare in esclusiva da uno dei più grandi esperti italiani di Rolex vintage, Stefano Mazzariol. Chi meglio di lui è in grado di farci conoscere tutti i segreti del Daytona? Stay tuned!
By Davide Passoni