Cartier Crash: il magnifico “incidente” dell’orologeria
6 Giugno 2022Il grande scrittore, editore e artista Leo Longanesi disse una volta che «l’arte è un incidente dal quale non si esce mai illesi». Una frase che sembra tagliata apposta sul Cartier Crash. Un segnatempo a metà tra l’accessorio e l’opera d’arte, un magnifico “incidente” che ha lasciato una “ferita” stilistica nell’orologeria tradizionale. E che Cartier ha riproposto a Watches and Wonders 2022. Ma andiamo per gradi.
Il Cartier Crash è infatti molto più di un orologio. È un pezzo di storia dell’orologeria che incontra la storia del costume e della cultura europea, in un gioco di influenze reciproche che ha prodotto uno degli accessori più riconoscibili e irriverenti di sempre, in un mondo fatto di riti e tradizioni quasi immutabili.
CARTIER CRASH E LA SWINGING LONDON
Partiamo con il ricordare che il Cartier Crash è legato a doppio filo a una grande città europea. Parigi? No, Londra. Perché il Crash è stato la fusione di forze diverse che si sono incrociate in Cartier London e nella stessa capitale britannica durante gli anni ‘60, i cosiddetti “Swinging Sixties”. Un periodo nel quale ci fu un crescente interesse per la moda e per il design audace e durante il quale il laboratorio Cartier London si fece notare per la sua indipendenza e creatività.
Londra non a caso. Proprio lì infatti, Jacques e Pierre Cartier, nipoti del fondatore della Maison Louis-François, aprirono una delle prime sedi del marchio al di fuori Parigi, nel 1902. Stabilirono la casa di Cartier in Bond Street, dove si trova ancora oggi. Una sede che fu una fucina creativa incredibile, in cui orafi, gioiellieri e altri artigiani disegnarono e crearono gioielli su ordinazione e dietro speciali commissioni, anche per grandi incoronazioni reali.
E gli orologi? Negli eleganti saloni di Bond Street, Cartier vendeva pezzi provenienti dalla Svizzera e da Parigi, ma nulla che fosse creazione diretta del marchio. Tutto però cambiò a metà degli anni ’60, quando Jean-Jacques Cartier, figlio del fondatore della filiale londinese della quale era allora a capo, decise che anche Cartier London avrebbe prodotto i propri orologi. Un passaggio che seguì la morte del fratello di Jacques, Pierre, avvenuta nel 1964, evento che comportò lo scorporo e la divisione delle attività di Cartier a Parigi, Londra e New York.
Una decisione che arrivò al momento giusto, nel decennio giusto. Dopo la difficile ripresa dalla Seconda Guerra Mondiale negli anni ’50, i Sessanta furono un unico fervore creativo, una rivoluzione culturale che partì dai giovani e che ebbe Londra e l’Inghilterra come avamposti europei. Il palcoscenico ideale per un marchio come Cartier, che spinse la sperimentazione stilistica oltre l’immaginario, con un orologio che catturava lo spirito ribelle del tempo, ribaltando schemi e convenzioni centenarie.
UNA FORMA INCONFONDIBILE
Sull’origine della forma del Cartier Crash circolano almeno due versioni. Quella più “facile” parla di una ispirazione diretta agli “orologi molli” presenti nel celeberrimo dipinto di Salvador Dalì “La persistenza della memoria”. Una versione facile, appunto: troppo simili le forme flosce create dall’artista catalano con le linee curve e morbide del Crash.
Un’altra versione racconta di un cliente che portò nella boutique londinese il proprio Baignoire Allongée, reduce da un incidente d’auto che ne aveva fuso e deformato la cassa. Alla vista di quell’orologio sfregiato, nella mente dei designer di Cartier sarebbe scoccata una scintilla che avrebbe portato alla creazione del Crash, “incidente” in inglese.
In realtà, la versione più fedele alla realtà è una terza e viene direttamente dalla famiglia Cartier nella persona di Francesca Cartier Brickell, nipote di Jean-Jacques e autrice di un importante libro sulla storia della famiglia parigina. Secondo l’autrice, Jean-Jacques Cartier amava il design e amava essere coinvolto nel processo creativo di orologi e gioielli, passando più tempo nei laboratori di Bond Street anziché in boutique, alla vendita. Insieme a lui, a pensare a nuove forme e nuove alchimie per gli orologi del marchio, c’era l’allora designer delle casse Rupert Emmerson.
LA RIVOLUZIONE IN OROLOGERIA
L’idea che ebbe Jean-Jacques Cartier fu quella di lavorare sulla forma dell’Oval, uno degli orologi più classici usciti a quel tempo da Cartier London, in modo che si allontanasse dalla sfera del già visto e che si adattasse al nuovo spirito frizzante e irriverente che stavano portando gli anni ’60. Jean-Jacques Cartier suggerì di prendere la cassa dell’Oval, pizzicarne letteralmente le estremità in un punto e piegarla nel mezzo.
La sintonia tra lui ed Emmerson era tale che il designer impiegò relativamente poco a presentarsi con diversi bozzetti, tra i quali persino uno che aveva il quadrante decorato come se fosse crepato, per spingere al limite l’effetto Crash. Alla fine il bozzetto più convincente fu quello che diede origine all’orologio come oggi lo conosciamo, la cui realizzazione non fu una passeggiata per gli orologiai di Cartier London.
Al di là della meccanica, che prevedeva di inserire il movimento in una cassa tremendamente asimmetrica, c’era anche la necessità di rendere le ore leggibili facilmente su un quadrante altrettanto asimmetrico. Dopo diversi tentativi, sia costruttivi sia decorativi, il Cartier Crash venne alla luce nel 1967, disponibile solo nella boutique di Londra.
Un orologio che Cartier realizzò sempre in numeri molto esigui. Si pensa infatti che della prima versione del 1967 furono create poche decine di pezzi, seguiti da un’altra serie limitata sempre presso Cartier London negli anni ’80. Che fossero dovuti a limiti di produzione industriale o per mantenere la desiderabilità dell’orologio, i numeri risicati del Cartier Crash hanno contribuito a decretarne il successo.
LE SERIE LIMITATE
Così come le edizioni limitate create a partire dai primi anni ’90. L’orologio fu ripreso nel 1991 da Cartier Paris in una serie di 400 pezzi con casse in oro giallo da 38,5 mm per 22,5 mm con la parola Parigi sul quadrante invece di Londra. Fu poi estrapolato come orologio da donna con diamanti su un braccialetto nel 2013: 267 pezzi in oro rosa, 267 in oro bianco nelle versioni con bracciali in metallo, 67+67 pezzi nelle versioni con i bracciali full pavé.
Poi, nel 2015, tornò in grande forma con una splendida versione scheletrata. Qui i ponti del movimento, disegnati da Carole Forestier Kasapi, replicavano la forma dei numeri romani stilizzati. Fu lanciato in un’edizione platino di 67 pezzi con una dimensione della cassa di 45,32 mm per 28,15 mm nel 2015; poi 67 pezzi in oro rosa della stessa dimensione nel 2016. Entrambi gli orologi erano mossi dal calibro manuale 9618MC.
Nel 2018, Cartier presentò il Crash Radieuse, che aveva sul quadrante un motivo che riproduceva le increspature di uno stagno. Queste increspature fluivano nella cassa da 42 mm per 23,3 mm, rendendo questa una delle versioni più uniche del Crash mai create.
Nello stesso anno, Cartier rilanciò anche il Crash come orologio acquistabile nella boutique londinese come tributo all’incredibile storia del modello. Questi orologi da 38,5 mm per 22,5 mm presentavano Swiss Made sul quadrante invece di Londra. Tuttavia, l’orologio era limitato a un solo pezzo al mese, il che creò una lista d’attesa praticamente infinita. Ci fu anche un’edizione di 15 pezzi in oro bianco e diamanti lanciata nella boutique di Londra come parte di questa iniziativa.
2022: IL RITORNO DEL CARTIER CRASH
Dopo diversi anni, l’orologio è tornato a fare capolino tra le collezioni del marchio. Watches and Wonders 2022 è stato il palcoscenico sul quale il Cartier Crash ha fatto la sua apparizione, vestito con un abito inedito e preziosissimo tagliato su misura per lui dagli artigiani della Maison des Métiers d’Art. Ancora una volta, quindi, Cartier ha scelto la strada dell’originalità estrema, perché un orologio dirompente non può mai essere banale, soprattutto se prezioso. Come il Crash Tigrée.
Ecco allora che la cassa e il quadrante diventano un omaggio sia al bestiario africano di Cartier, sia agli incredibili artigiani della Maison, che per realizzare questo segnatempo hanno portato ai massimi livelli le arti della smaltatura, dell’incastonatura, del taglio delle pietre, dell’oreficeria.
CAPOLAVORO DI SAVOIR-FAIRE
Smalto, diamanti e oro sono i protagonisti del Cartier Crash Tigrée, a partire dalla lunetta. Qui, le strisce sono realizzate in smalto champlevé, una tecnica in cui le cavità dell’oggetto da decorare sono riempite di smalto vitreo; l’oggetto è poi passato in un forno fino a quando lo smalto si scioglie e, una volta raffreddato, viene levigato e lucidato. Alcune strisce della “tigratura” sono intervallate da file di diamanti incastonati, che danno lucentezza e muovono ancora di più le linee sinuose dell’orologio.
La lavorazione raffinatissima continua sul quadrante, dove la maestria dei Métiers d’Art di Cartier si esprime nella smaltatura champlevé, nell’incastonatura e nell’incisione del metallo. I motivi di scaglie o raggi sono dapprima incisi, poi smaltati su una foglia d’argento. Hanno le sfumature nei colori verde e blu, emblematici di Cartier, che la smaltatrice ottiene partendo rispettivamente dall’ossido di rame e dall’ossido di cobalto.
Per smaltare l’orologio sono necessari oltre 10 passaggi in forno, a una temperatura compresa tra i 750 e i 700 gradi, a seconda del colore che si vuole ottenere. All’inizio si lavorano gli strati sottostanti, successivamente gli smalti visibili in superficie. Si interviene man mano a seconda delle temperature di cottura, che vanno dalla più elevata alla più bassa: il blu navy è il primo colore, poi vengono il turchese e il verde traslucido.
Un tocco di ulteriore imprevedibilità è dato dall’estremo inferiore della lunetta, dove l’oro è lasciato a vista: smalti e pietre si ritraggono, come toccati da una invisibile mano che vuole rivelare il metallo in tutta la sua lucentezza.
La cassa (che misura 43,68 × 24,26 mm ed è spessa 10,08 mm), il quadrante e la fibbia sono ornati da 242 diamanti taglio brillante per un totale di 1,64 carati. Sulla corona si mostra un diamante con padiglione invertito, firma estetica di Cartier, da 0,09 carati.
IL MOVIMENTO, UN OMAGGIO ALLA STORIA DI CARTIER
Il Cartier Crash Tigrée è un orologio bellissimo fuori, ma anche il suo “motore” è di prim’ordine. Si tratta del calibro di manifattura 1917 MC a carica manuale, che misura 16 × 12,95 mm ed è spesso meno di 3 mm. Batte a 21.600 alternanze/ora e ha 38 ore di riserva di carica. Il suo nome è un omaggio all’anno di creazione del Tank.
La sfida che hanno affrontato i maestri orologiai della maison nel crearlo è stata quella di adattare i movimenti tondi standard alle casse di forma di Cartier. Ha infatti la forma tonneau ed è decorato con i motivi Côtes de Genève, come si conviene a un orologio raffinato ed elegante. Uno scudo in lega paramagnetica è integrato nella cassa per garantire un’adeguata protezione del movimento dai campi magnetici, che ne possono compromettere la funzionalità e la precisione.
UN OROLOGIO PER POCHI
Cartier ha quindi scelto un calibro più che affidabile e con una storia di eccellenza per il ritorno in grande stile del Crash. Il ritorno di un segnatempo molto “insano”, come piace a noi. E visto che siamo curiosi, ci siamo chiesti se davvero è un orologio per pochi; se un cliente di un’altra boutique, come ad esempio Milano, che volesse acquistare un Crash deve per forza andare a Londra o può vederselo consegnato a Milano senza dover attraversare mezza Europa.
Ebbene, dal quartier generale di Cartier ci hanno risposto che “i pezzi più iconici di Crash (ad esempio quello in oro giallo, quadrante semplice, con i numeri romani neri, o il modello con pavé di diamanti in oro bianco) sono esclusivi di New Bond Street e possono essere ordinati tramite una lista d’attesa. Il cliente perciò deve recarsi presso la boutique di Londra”.
E allora abbiamo spinto più in là la nostra curiosità, perché sappiamo che esistono pezzi unici del Crash creati da e per clienti super top. Come nascono queste personalizzazioni. Ecco quello che ci hanno risposto: “È possibile ordinare un Crash tramite un ordine speciale. In quanto tale, l’orologio deve essere diverso dai modelli originali venduti a Londra. I clienti hanno la possibilità di giocare con i colori e i materiali secondo il loro gusto, ma nel confine del DNA di Cartier. Questo servizio è aperto a tutti i nostri collezionisti. Per quanto riguarda il Crash, il numero di ordini è limitato, in quanto è uno degli orologi più rari sul mercato”.
È il motivo per cui sono molte le celebrità che lo adorano. Nel 2018 il cantante e produttore Kanye West postò su Twitter una foto del proprio orologio, facendo risalire la febbre per il Crash e le sue quotazioni nelle aste.
Sarà il destino anche del Crash Tigrée? Possibile, dato che si tratta di un orologio da 110.000 euro, realizzato in edizione limitata e numerata di 50 esemplari, scelta più che comprensibile data la complessità tecnica necessaria per realizzarlo. Staremo a vedere. Intanto, noi che lo abbiamo toccato e indossato a Ginevra possiamo solo dire “wow”. E pensare con un po’ di malinconia a quella Swinging London che non abbiamo potuto vivere.
Dy Davide Passoni
Credits Photo: Phillips, A Collected Man, European Watch Comany