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09 gennaio 2025

Un caffè, quattro chiacchiere e MB&F: intervista a Maximilian Büsser

Se siete appassionati di orologeria – come credo, se state leggendo queste righe – vi auguro di avere il privilegio, almeno una volta nella vita, di bere un caffè e di chiacchierare con Maximilian Büsser, il fondatore di MB&F. Capirete come mai è uno dei marchi più incredibili dell’orologeria indipendente: perché Büsser è una persona incredibile. Concreto, mai banale, umile (nonostante da agosto Chanel, che già possiede il 20% di F.P. Journe, abbia una partecipazione del 25% nella sua azienda), con lui abbiamo parlato di orologi, di meccanica, di impresa, di visione, ma soprattutto di vita. Lo abbiamo incontrato nel corner dedicato a MB&F di GMT Great Masters of Time in via della Spiga, a Milano.

Max Busser

Partiamo dagli orologi: c’è qualche complicazione che non vedremo mai in un MB&F?

No. Ciò che ho imparato negli anni è mai dire mai. Quando ho cominciato 20 anni fa mi sono prefisso di non fare alcune cose, che poi invece ho fatto. Ciò da cui non mi sono mai allontanato sono in valori che i miei genitori, specialmente mia madre, mi hanno trasmesso: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu, è importante per me e non cambierà mai. Non ho avuto un’infanzia particolarmente felice; sono stato bullizzato, ero un ragazzino solitario e mi sono trovato molto a disagio. Per cui quando incontro una persona che ha delle difficoltà, cerco di essere il più gentile possibile. Un’altra idea che non cambierò mai è non farsi influenzare dal mercato. Penso di non aver mai creato qualcosa di simile a ciò che ha fatto qualcun altro: se qualcuno l’aveva già realizzata, non c’era ragione che la facessimo anche noi. Quando ho cominciato ero terrorizzato dal fatto che nessuno potesse comprare i miei orologi; ora ciò che mi fa paura non è questo, ma il fatto che possa creare qualcosa che non piaccia. Grazie ai social media abbiamo fatto in modo che intere generazioni sognino, abbiano speranze, prendano rischi; che possano dire “anch’io potrei fare questo nella mia vita”, e non parlo necessariamente di orologi. Ecco, sarei davvero triste se deludessi le persone alle quali vogliamo trasmettere i nostri valori, per le quali vogliamo essere super creativi, fare ciò in cui crediamo. Se cominciassi a essere mainstream, a cambiare i quadranti o le misure sarei letteralmente ucciso dalla mia community. E sarei il primo a essere deluso da me stesso. 

MB&F Legacy Machine

Hai parlato di super creatività: da dove parte il processo creativo che porta alla nascita dei tuoi orologi? Da dentro o da fuori di essi?

È un processo piuttosto schizofrenico (ride, ndr). Nelle Horological Machine parte sempre da fuori, ma non dalla forma. Noi non siamo designer, io sono un ingegnere, un orologiaio, non voglio essere un designer. Quando disegniamo un orologio sappiamo, per esempio, che dovrà avere un tourbillon centrale e questo dovrebbe avere un ponte; sappiamo che lo dovremmo creare il più bello e simmetrico possibile ma che non possiamo, per cui realizzeremo un tourbillon volante, perché non ha il ponte e quindi combacia con la nostra idea estetica. Il movimento esiste perché possa dare vita al progetto in cui è inserito. Così funziona il processo delle Horological Machine. Nelle Legacy Machine è il processo inverso. Sappiamo com’è la cassa e cerchiamo di fare qualcosa che sia in linea con la nostra essenza. In orologeria, tutto ciò che è stato creato è nato tra il 1720 e il 1870. Cosa è stato fatto di davvero nuovo nel XX secolo? Nulla. I geni del passato non avevano cad, macchine cnc, conoscenza dei materiali: disegnando a mano su un pezzo di carta hanno creato alcune delle invenzioni più incredibili e ora noi, come si suol dire, stiamo mungendo la mucca. Io non voglio mungere la mucca, la voglio nutrire. Dopo gli studi di ingegneria ho capito di non voler fare l’ingegnere e così mi sono candidato per un lavoro in Procter & Gamble, senza esserne convinto, ma ho avuto l’incredibile fortuna di incontrare Stephane Belmont di Jaeger-LeCoultre che mi ha letteralmente salvato la vita, prendendomi a lavorare in azienda. Ecco perché MB&F è anche il mio modo per restituire ciò che mi è stato dato. 

MB&F Mad House
MB&F Mad House
MB&F Mad House

Pensi che il divario tra grandi marchi e marchi indipendenti sia destinato ad allargarsi? In termini di creatività più che di prezzo…

Quando dieci anni fa mi chiedevano come pensavo sarebbe stato il futuro, rispondevo che ci sarebbero stati i grandi brand, che avrebbero lavorato sui loro pezzi simbolici, e gli indipendenti artigianali, quelli per cui il loro lavoro è la loro vita, che avrebbero sviluppato le loro idee incredibili in prodotti incredibili e in piccole quantità. Ed è ciò che è accaduto finora. Forse però vedremo qualche cambiamento. Per esempio, trovo molto interessante il lavoro che Jean Arnault sta facendo con i piccoli marchi artigianali, nonostante LVMH sia in un gruppo che fattura miliardi di dollari. Ma lui ama gli orologi. Se i Ceo ameranno gli orologi, qualsiasi sia la dimensione della loro azienda, vedremo più creatività; se ameranno il profitto, ne vedremo di meno. Anche noi abbiamo avuto una collaborazione creativa con Bulgari, ma io amo dire che è stata una collaborazione con Fabrizio Buonamassa, Antoine Pin e Jean-Christophe Babin: con le persone, non con il marchio. E tuttavia ero terrorizzato: era pur sempre un’azienda da 3 miliardi di euro e io non ero nessuno. Eppure è stato straordinario, perché tutti in quel team amano gli orologi.

MB&F HM

C’è una delle tue collezioni che ami di più?

Se i genitori vedono un figlio in difficoltà, lo amano ancora di più. Lo stesso vale per me, per gli orologi che hanno avuto più difficoltà a nascere, per diversi motivi: poco venduti, troppo folli dal lato meccanico, finanziariamente un disastro. Quando ho creato MB&F avevo nella pipeline un solo orologio. Una follia. Avevo una sola idea, non abbastanza soldi, nessun business plan e ho pensato bene di licenziarmi dal mio precedente lavoro e di creare un’azienda. Ero innamorato della mia idea e quando sei innamorato non ragioni. Ora, dopo 20 anni, mi guardo indietro e penso che forse avevo un problema… ma ringrazio me stesso. Per esempio, ho pensato seriamente che orologi come HM1 o HM4 mi avrebbero fatto fallire e che nessuno li avrebbe comprati. Anche HM6 o LM1 o Flying T, pensavo sarebbero stati finanziariamente senza senso. Nel 2018 Michael Tay, proprietario di The Hour Glass, un grande amante del prodotto e uno dei retailer più illuminati, mio partner fin dall’inizio, mi disse che stavo diventando prevedibile. Che cosa? Tutto mi poteva dire, ma non quello. Così quel giorno ho capito che avrei dovuto prendere più rischi e così ho fatto. Di tutto ciò che è uscito dopo devo ringraziare Michael, perché mi ha dato una svegliata.

MB&F HM1
MB&F HM4

All’inizio hai detto che vuoi nutrire la mucca dell’orologeria. In che modo?

Ti racconto un aneddoto di qualche mese fa. Ogni quattro mesi organizzo una sessione di due ore con i nuovi membri del mio team; siamo una cinquantina, 30 dei quali arrivati negli ultimi 3 anni, in un periodo in cui l’azienda era sulla cresta dell’onda. In una sessione ho raccontato la mia storia e alla fine ho chiesto se qualcuno aveva qualcosa da dire o da chiedere. Un ragazzo bravissimo, che viene dal nord della Francia, da una famiglia del ceto medio, mi ha raccontato di aver spiegato alla propria nonna di lavorare per un’azienda che produce orologi da centinaia di migliaia di euro e che lei gli ha chiesto: «Perché ci sono persone che si impegnano così tanto a fare questo, quando ci sono cose molto più importanti a cui dedicarsi nella vita?». È la domanda che mi pongo da tempo. Tre anni fa ho detto al mio team che avremmo dovuto lavorare sul “perché” della compagnia; creare orologi da centinaia di migliaia di euro è complicato nel mondo di oggi, in cui molta gente è in difficoltà. E siamo arrivati a capire che il perché di MB&F è aiutare le persone a essere più creative, a prendere più rischi. Se guardano che cosa siamo riusciti a fare con pochi mezzi e forti valori, senza seguire gli altri, forse nella loro vita, qualsiasi essa sia, potranno aprire molte porte. MB&F è il mio mezzo per permettere alle persone di pensare in modo differente.

In MB&F, F significa “friends”, amici. Quanti veri amici hai nella vita al di fuori dell’orologeria?

Pochi amici veri, due o tre, ma soprattutto ho la mia famiglia, il mio totem. Nel nostro settore il successo è il maggior pericolo, perché quando lo raggiungi cominci a essere meno creativo, a prendere meno rischi, a trattare le persone peggio. Ed è esattamente ciò che è accaduto all’orologeria negli ultimi tre anni. Sono orgoglioso del mio team e della mia azienda perché abbiamo fatto esattamente il contrario: sia per la creatività, sia nell’affrontare il rischio, sia nell’essere generosi e gentili. Ho 57 anni, negli ultimi 3 anni il mio progetto è stato molto semplice: far sì che MB&F mi sopravviva. Ho perso molti amici per malattia o incidenti, per cui ho cominciato a pensarci, non è una cosa negativa. Ho responsabilità come padre e come imprenditore e il mio piano di successione fa parte di questo. Amo tantissimo la nuova fase della mia vita che è quella di mentore. Andando avanti con l’età, l’esperienza compensa il possibile calo della creatività. Negli ultimi due anni ho realizzato di aver creato i miei progetti tanti anni fa, quando avevo la voglia e il coraggio di emergere, ma che le cose più importanti che posso portare alla mia azienda devono ancora venire, come mettere la mia esperienza a disposizione di ragazzi che hanno idee pazzesche. Quando ero giovane, persone come Henry-John Belmont o Günter Blümlein mi hanno fatto da mentori: questo è un altro modo per restituire, come ho detto prima.

MB&F Firends

Che cosa deve portare un amico a MB&F per essere un vero amico?

Condividere gli stessi valori umani. Portare entusiasmo, avere voglia di intraprendere nuove sfide, non dire sempre no quando ci presentiamo con un’idea. Gli inglesi distinguono le persone che hanno il cosiddetto “growth mindset” da quelle che hanno il “fixed mindset”. Chi ha quest’ultimo si fida solo della propria esperienza e vede le sfide come un pericolo, chi ha il primo le vede come un’opportunità ed è curioso. Voglio essere circondato da persone con “growth mindset”. 

C’è un collega che ammiri particolarmente?

Tutti coloro che hanno creato il proprio marchio non per soldi, ma perché per loro era l’unico modo di esistere. Penso a persone come Denis Flageollet, Benoit Mintiens, Felix Baumgartner, che hanno creato qualcosa mai visto prima. 

I marchi artigianali indipendenti hanno sempre più successo nelle aste. Pensi che un giorno anche i vostri orologi potranno diventare dei top lot?

Sinceramente non è quello che voglio. Oggi vediamo marchi il cui valore in asta è totalmente scollegato dalla qualità e questo è pericolosissimo. Negli ultimi tre anni abbiamo visto gente comprare orologi come fossero bitcoin e non voglio che il mio marchio diventi un asset per speculatori. Primo, perché è pericoloso; secondo, perché come potremo riconoscere chi ama davvero un nostro orologio e lo merita e chi invece lo cerca solo come investimento? Ecco perché spero che MB&F non diventi mai un marchio da asta.

By Davide Passoni